8 Marzo 2025

Giorgia Sgueglia

Riforma Valditara: il governo Meloni guarda al futuro o riscrive il passato?
"Una visione nazionalista” che “rischia di distorcere la storia e ostacolare un’educazione aperta alle sfide globali del XXI secolo."

Il 14 gennaio 2025, il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha presentato le nuove Indicazioni Nazionali per il primo ciclo di istruzione. Finalizzata martedì 11 marzo 2025, la riforma entrerà in vigore entro l’anno scolastico 2026-2027. Sebbene l’obiettivo dichiarato dal  partito Fratelli d’Italia sia quello di  rafforzare l’identità culturale degli studenti”, l’enfasi sulla storia nazionale e la riduzione delle prospettive critiche internazionali suscitano preoccupazioni riguardo a un possibile orientamento nazionalistico. Tra le modifiche principali spicca la separazione di storia e geografia nella scuola media, con un programma che pone al centro la civiltà occidentale, le radici cristiane e la storia d’Italia. L’intento è quello di valorizzare i territori e la conoscenza delle culture locali”, ma in una società sempre più interconnessa e multiculturale, questa scelta appare anacronistica.

Il primo limite di tale approccio risiede in una narrazione della storia focalizzata unicamente sull’Italia e sull’Occidente, che mette ai margini l’insieme di reti, contatti e scambi che hanno avuto un ruolo fondamentale nella formazione della cultura italiana. Basti pensare alle esplorazioni di Marco Polo, che misero in contatto il nostro Paese con l’Oriente – in particolare con la Cina – e inaugurarono secoli di scambi lungo la Via della Seta. Questi rapporti, sempre più fitti e dinamici, permisero un flusso bilaterale di conoscenze, prodotti e idee, contribuendo all’arricchimento culturale dell’Italia.

Il secondo limite è rappresentato dal mancato riconoscimento della responsabilità storica dell’Italia e delle altre potenze europee, ovvero delle ripercussioni che alcuni eventi storici italiani ed europei hanno avuto sullo sviluppo, sulla stabilità e sull’evoluzione di altri paesi. Un esempio emblematico è la colonizzazione dell’Africa durante la Seconda Guerra Mondiale, con colonie in Eritrea, Somalia, Libia ed Etiopia, e il successivo processo di decolonizzazione avvenuto nella seconda metà del Novecento.

Trascurare questi avvenimenti nel programma scolastico ne provoca una scomparsa progressiva dalla memoria collettiva, così ostacolando l’obiettivo principale dell’educazione, ovvero fornire ai giovani gli strumenti per analizzare e comprendere la complessa realtà che li circonda. 
Ad esempio, un programma scolastico che spieghi come la spartizione coloniale dell’Africa, con il contributo dell’Italia e di altre potenze occidentali, abbia tracciato confini arbitrari, favorirebbe la formazione di individui critici, consapevoli delle origini dei fenomeni di migrazione forzata odierni, spesso strumentalizzati dalla retorica populista.

Un’altro punto controverso della riforma Valditara risiede nell’introduzione dello studio della Bibbia. Sebbene giustificata come un approfondimento culturale, questa scelta solleva dubbi sul rispetto della laicità dello Stato italiano, principio supremo della Costituzione. In un contesto sempre più multireligioso e laico, l’istruzione pubblica dovrebbe garantire inclusività, evitando di privilegiare una sola tradizione religiosa.I numeri dimostrano infatti che gli studenti di origine straniera nelle scuole sono in continuo aumento (914.860, pari all’11,2 percento del totale degli studenti per l’anno scolastico 2022/2023), e con loro la diversità religiosa e culturale.

L’inclusione della Bibbia nel programma scolastico, senza un equivalente riconoscimento di altre tradizioni, rischia dunque di escludere chi professa altre religioni o non ne segue alcuna. Secondo Tommaso Martelli, coordinatore nazionale dell’ Unione degli Studenti (UdS), “questa scelta appare come un atto politico in linea con l’ideologia conservatrice del governo”, che viene giustificata sotto il pretesto delle “radici culturali italiane”, ignorando la loro reale complessità e varietà. 

Allo stesso tempo, mentre alla religione è stata attribuita una notevole importanza, la riforma Valditara ha messo in secondo piano aspetti fondamentali per il progresso del sistema scolastico italiano, come l’educazione civica e sessuale. In particolare, il governo ha accantonato la precedente proposta del Partito Democratico sull’introduzione di un programma di educazione affettiva, volto a sviluppare la consapevolezza emotiva tra i giovani e a prevenire la violenza di genere, senza prendere posizione su questi temi.

In un contesto storico segnato da violenze di genere (nel 2024, 1 milione 517 mila  di donne hanno subìto violenza fisica e  1 milione 369 mila violenza sessuale), femminicidi (97 nel 2024) e aggressioni razziste e omotransfobiche, il sistema educativo italiano continua a trascurare questi aspetti, liquidandoli come “ideologia gender”. Inoltre, secondo il rapporto “Rainbow Europe 2024 dell’ILGA-Europe, l’Italia si trova al 36° posto su 49 Paesi europei per quanto riguarda i diritti delle persone LGBTQ+, con un punteggio di soli 25 punti su 100. Questo evidenzia una situazione di forte arretratezza rispetto ad altri Paesi europei, sottolineando la necessità di migliorare l’inclusione e il supporto per le comunità marginalizzate attraverso l’educazione. Studi internazionali infatti mostrano che programmi educativi inclusivi e completi riducono le disuguaglianze sociali e culturali, migliorando anche i risultati scolastici. Ad esempio, l’OMS rileva che i paesi con programmi di educazione sessuale completa hanno visto una riduzione del 30 percento delle gravidanze adolescenziali e una diminuzione del 60 percento delle malattie sessualmente trasmissibili tra i giovani, oltre a migliorare il benessere generali e la performance scolastica degli studenti.
Questi numeri evidenziano l’urgenza di quello che è stato spesso definito come”’indottrinamento” da partiti italiani come Fratelli d’Italia, e che altro non è se non formazione scolastica su temi come l’educazione sessuale e la parità di genere, per preparare gli studenti a vivere in una società più giusta e consapevole.

In conclusione, la riforma proposta dal Ministro Valditara si inserisce pienamente nella visione di un governo che, fin dal suo insediamento, ha messo in primo piano la difesa delle tradizioni, adottando un approccio eurocentrico e conservatore, e mirando a rafforzare l’identità culturale italiana attraverso un ritorno alle tradizioni storiche e alla “civiltà occidentale”. Mentre in alcuni paesi europei, come il Belgio e i Paesi Bassi, l’educazione storica sta evolvendo con maggior attenzione verso la responsabilità coloniale e il pensiero storico critico, la riforma Valditara marginalizza l’importanza dell’ “Oriente” nell’evoluzione della storia e della cultura nazionale. Inoltre,  relega temi cruciali come l’inclusione, la lotta alla marginalizzazione e la consapevolezza sessuale e affettiva in secondo piano, così ostacolando lo sviluppo del sistema educativo italiano. 

La svolta nazionalista segnata da questa riforma rimane in contrasto con la necessaria apertura in un’epoca globalizzata centrata sullla diversità e il progresso. Questi sono segnali di una visione limitata e conservatrice che non prepara adeguatamente gli studenti alle sfide del futuro. Un sistema educativo efficace deve guardare avanti, non indietro, e abbracciare la diversità come una risorsa, non come un ostacolo.